Attraverso l’Appeso ci siamo rimessi in discussione, scendendo nel nostro io più profondo e questa fase così delicata ci porta verso una rivoluzione interiore drastica e profonda: un momento di trasformazione radicale e definitiva, rappresentato dall’arcano della Morte.
La tredicesima lama è conosciuta anche come l’arcano senza nome e, a seconda dei mazzi, raffigura sia l’aspetto più macabro e spaventoso della morte, sia la potenziale conseguenza di ciò che essa comporta: una rinascita. La morte ci ricorda che tutto è effimero, in continuo divenire e fluire, proprio come sostenevano gli antichi Greci attraverso la concezione eraclitea del πάντα ῥεῖ (“panta rei”, tutto scorre). Non è un caso infatti che questa lama si trovi tra l’Appeso (che rappresenta un blocco) e la Temperanza (che simboleggia la guarigione): ci ricorda infatti che se si vuole guarire è necessario evolvere, rinnovarsi e cambiare. La guarigione è quindi un processo di trasformazione e solo se siamo disposti a “far morire” una parte di noi, possiamo rinascere e proseguire nel nostro percorso, altrimenti rischiamo di stagnare nelle nostre posizioni, senza riuscire a progredire di un solo passo. La morte è quindi un invito al distacco, a lasciare andare ciò che non ci serve più, per poter aprirci al nuovo e permettere che una nuova energia fluisca nella nostra vita. In un certo senso, è ciò che i giapponesi chiamano “sukkiri” e che anche se inizialmente spaventa, in realtà è una liberazione utile e necessaria.
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