A volte sembri troppo. Dai troppo, fai troppo.. ti impegni troppo. E non viene capito. Anzi.. ti fanno quasi sentire in colpa per questo.
Allora, per adeguarti, provi a contenere la tua luce, a smorzare la tua energia, ad abbassare i tuoi sforzi.. inizi ad attutire l’ampiezza del tuo sentire e ti azzardi a vivere con meno intensità, meno coinvolgimento, meno cuore. Ma senti che non fa per te. Senti di perderti dei pezzi per strada, pezzi che rischi di non ritrovare mai più.. ed è un rischio che non vuoi correre, perché troppo pericoloso.
Succede. La vita non ci fa incontrare solo le persone adatte a noi, anzi, spesso ci mette davanti proprio coloro che favoriscono le connessioni più complesse, e talvolta addirittura tossiche, un po’ per testarci, e un po’ per farci prendere atto di quella che è la nostra vera natura. Non è una passeggiata relazionarsi con queste presenze, ma è da qui che siamo chiamati a compiere le scelte più significative.
Possiamo impuntarci, intestardirci, insistere nel cercare di infilarci in un abito che non è chiaramente della nostra taglia e che non rende giustizia a nessuna delle nostre qualità.. oppure possiamo agire partendo dalla consapevolezza dei nostri colori, delle nostre forme, dei nostri punti di forza e cercare qualcosa che ci faccia stare bene nella nostra pelle.
Sembra una scelta ovvia, quasi banale.. eppure non lo è.
Ci addentriamo in situazioni che in qualche modo ci avvisano da subito di non essere adatte a noi, ma noi ci buttiamo lo stesso, convinti che, chissà, forse andrà bene, forse sono solo sciocche paure, o pregiudizi, o ombre di brutte esperienze passate.. magari funziona, perché non tentare?
E invece quella flebile vocina che sotto sotto ci avvertiva dall’inizio e ci diceva “ma che cavolo fai?” finisce sempre per avere ragione. Solo che, invece di riporre il vestito e cercare qualcosa che si armonizzi a noi, finiamo per incolparci per non “entrarci” adeguatamente. Iniziamo a guardare a noi stessi con occhi riprovevoli, pieni di biasimo.. questo è un difetto, quest’altra cosa non va bene, perché sono così, perché faccio colà..? Iniziamo un loop di autocritica tale, che nemmeno il nostro peggior nemico sarebbe tanto acre e ostile. Diamo il via a considerazioni che non hanno nulla a che fare con un’auto-analisi sensata e volta a migliorarsi, evolvere e potenziare il proprio sé; quello che sviluppiamo si rivela invece niente di meno che una vera e propria auto-distruzione, nella quale annichiliamo e rigettiamo ogni nostra caratteristica come il peggiore dei mali, perché così come siamo siamo stati respinti, quindi siamo noi a essere sbagliati, siamo noi a non andare bene, siamo noi il problema. Il dialogo che ne scaturisce è di puro disprezzo e svilimento.
Convinti di essere noi il problema, ci struggiamo ancora di più per l’approvazione dell’altro, affinché faccia qualcosa che noi non siamo capaci di fare, ovvero che ci accetti e ci dica che andiamo bene, che siamo “salvabili”.
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